venerdì 26 giugno 2009

the after design

Normalmente si pensa.

I pensieri ci riempiono la testa di ogni sorta di idea, dalla più razionale alla più folle senza soluzione di continuità.

Nel riflettere ci sono anche cose.

Gli oggetti soni astratti o reali, non escludendo quelli che non esistono ma si sanno rappresentare a pensieri. Fino a un certo punto, quando i pensieri rimangono tali, si potrebbe dire che siamo la gente che va alla domenica al centro commerciale per prendere degli oggetti per soddisfare le proprie esigenze.

Nel caso che si abbia l'intenzione di fare gli oggetti che turbano e stimolano ogni parte dello spirito, ci si trova di fronte a chi crea. In senso lato anche un matematico e un filosofo rientrano nella descrizione ma nel lato in cui vogliamo analizzare il pensiero si potrebbe parlare di creativi, di disegnatori industriali, di esteti del prodotto, di progettisti, insomma di designer.

Tutto quello che si distilla nelle sinapsi del cervello e poi viene, prima, disegnata e, poi, prodotta é qualcosa di allucinante quanto un frigo sparato da un uomo nudo in corsa su un tappeto persiano sul magma. I prodotti sanno stupire e essere difficili.

Il loro problema risiede nel progetto, una sintesi di interpretazioni e iniziative, un condensato di nozioni e impressioni, un parto di innovazione e evoluzione. La carica che risiede nelle componenti di un oggetto é tanta ma si limita molto spesso all'uso immediato. L'uso dell'oggetto inizia dalla sua fabbricazione delle parti, passando per la manutenzione e finisce nel momento in cui gettato via finisce la sua vita nella forma in cui era.

Dal dopo acquisto pochi si preoccupano cosa accada effettivamente. Non é un difetto dei designer ma della produzione. C'é prodotto e prodotto. Vogliamo mettere un coltello di acciaio e uno di plastica?

Possono essere fatti da designer ma non pensati all'impatto del loro uso. Nascono così problemi come la rottura o la manutenzione. Questioni molto delicate e dilemmatiche. Perché tutti non vogliamo avere a carico l'estinzione di massa a causa di un pessimo prodotto. Basta rifletterci e troveremo un briciolo di tecnica che ci soccorre nel design che si va a fare. Poi va combattuta contro la produzione per far capire la profondità e l'etica che porta con sé. Dobbiamo capire che se dura bene é buono. Se si vede che inizino a romperlo, a correggerlo e altre cose che alterano l'oggetto ciò é pessimo se non previsto, perché la personalizzazione si sa che ci può essere.

Ci si pensa su ma si fa poco.

Andrebbe fatto ma non si fa.

Bisogna crederci nel cambiamento e nel miglioramento.

1 commento:

Lanfranco ha detto...

Il vero problema non è "creare" o "progettare", ma unire ragione e idea.

L'idea è caos, è istinto... che deve puoi concretizzarsi attraverso il ragionamento.

Tutto si riassume in tre concetti espressi da Fabio Novembre: ... Visualizza altro

1- " il mondo è diviso in costruttori e i distruttori... ci vuole armonia ed equilibrio..."

2- "il design deve tornare ad essere una grande poesia... oggi la qualità è carente!!!"

3- "Il design è costruire la vita secondo un tuo progetto personale compatibile con i progetti degli altri... oggi manca il sogno... l'istinto vero..."

Ogni designer, come ogni uomo, decide se vuole essere un costruttore o un distruttore, se seguire un'etica o il solo guadagno!

Naturalmente se il designer decide di seguire l'etica deve sforzarsi ad EDUCARE le persone in un mondo in cui l'estetica è tutto... il materiale è poca cosa... insomma deve fare un po' il "Gesù" della situazione ;-)